IL TRIBUNALE Vista la richiesta del p.m. di procedere con incidente probatorio all'assunzione della testimonianza dei minori... Rilevato che si procede a carico di Pupino Maria, nata a Carovigno (BR) il 7 agosto 1955, in ordine ai seguenti reati: a) reato di cui all'art. 571 c.p. perche', quale insegnante presso la Scuola materna statale "Andersen", abusava dei mezzi di disciplina in danno dei minori... tutti nati nel 1996, a lei affidati per ragioni di educazione e vigilanza, picchiandoli abitualmente con sculaccioni, colpi in testa e graffi, rivolgendosi a loro con toni aggressivi, minacciandoli di somministrare loro tranquillanti e di mettere loro cerotti sulla bocca, infliggendo punizioni quale quella di impedire agli alunni di recarsi in bagno ad espletare le funzioni fisiologiche, cagionando alla piccola G. A. le lesioni descritte nel capo che segue e creando il pericolo di malattie sia nel corpo che nella mente dei bambini, i quali manifestavano tensione, paura e resistenza nel recarsi a scuola. In Campi Bisenzio, nei mesi di gennaio e febbraio 2001; b) reato di cui agli artt. 582, 585, 576 in relazione all'art. 61 n. 2 e n. 11 c.p., perche', al fine di eseguire il reato di cui al capo a), colpendola sulla fronte per punirla per non avere prestato attenzione ad una spiegazione in classe, cagionava alla piccola G. A. lesioni personali (lieve tumefazione in regione frontale sx), giudicate guaribili in gg. 4 s.c. In Campi Bisenzio, il 23 febbraio 2001; osservato che il p.m. chiede l'incidente probatorio ritenendo che l'assunzione della testimonianza dei bambini non sia rinviabile al dibattimento, tenuto conto della loro minore eta' e della conseguente inevitabile modificazione della situazione psicologica dei medesimi, nonche' di un eventuale processo di rimozione; chiede inoltre che si proceda all'assunzione della prova con modalita' protette, ossia che l'udienza si svolga in una struttura specializzata, con modalita' che tutelino la dignita', la riservatezza e la serenita' dei minori, anche eventualmente avvalendosi di uno psicologo esperto in psicologia infantile, a cagione della delicatezza e gravita' dei fatti, nonche' della difficolta' di approccio delle persone da esaminare in conseguenza della loro minore eta'; rilevato che i difensori di fiducia dell'indagata, con memoria depositata ai sensi dell'art. 396 c.p.p., si sono opposti all'incidente probatorio, sostenendo che nella specie non ricorre alcuno dei casi previsti dall'art. 392 c.p.p.: non sussiste alcun fondato motivo per ritenere che i piccoli non potranno esere escussi in dibattimento "per infermita' o altro grave impedimento", o per ritenere che essi possano essere esposti a "violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o di altra utilita'" affinche' non depongano, o depongano il falso; ne' risulterebbe applicabile il comma 1-bis (introdotto dall'art. 13 della legge 15 febbraio 1996 n. 66 contro la violenza sessuale e modificato dall'art. 13 decreto-legge 3 agosto 1998 n. 269 contro la prostituzione minorile, la pornografia e il turismo sessuale in danno di minori), giacche' il procedimento penale non ha ad oggetto uno dei reati tassativamente previsti dalla norma in questione; O s s e r v a Le deduzioni dei difensori sono ineccepibili; conseguentemente appare non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 392, comma 1-bis c.p.p., nella misura in cui non prevede che si possa procedere con incidente probatorio all'assunzione della testimonianza di un minore di anni sedici - anche al di fuori delle ipotesi previste dal comma 1 - qualora si proceda per delitti diversi da quelli ivi indicati, sempre che il teste sia anche la persona offesa del reato; nonche' dell'art. 398, comma 5-bis c.p.p., nella misura in cui non prevede che si possa assumere la testimonianza di persona minore di anni sedici con modalita' "protette" e mediante mezzi di riproduzione fonografica o audiovisiva qualora si proceda per delitti diversi da quelli ivi indicati, sempre che il teste sia anche la persona offesa del reato. Si ritiene infatti che le nonne in questione contrastino anzitutto con il principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Costituzione, che impone di trattare allo stesso modo situazioni identiche o sostanzialmente assimilabili, tali dovendo ritenersi tutte le ipotesi in cui si procede per reati in danno di persone minori di eta', a prescindere dal tipo di reato ipotizzato: invero, laddove la vittima e' un minore (o addirittura un bambino di pochissimi anni, come nel caso di specie) sussistono tutte le condizioni che hanno indotto il legislatore a varare la recente legislazione protettiva, la quale tuttavia e' stata irragionevolmente introdotta solo per la sfera dei reati sessuali o a sfondo sessuale. Tali condizioni consistono, innanzitutto, nella inevitabile difficolta' di approccio con questo specialissimo tipo di testimoni e parti offese, che richiede quasi sempre l'ausilio prezioso di un esperto di psicologia infantile (spesso i bambini, infatti, sono intimoriti e non in grado di comprendere il motivo per cui sono stati convocati dal giudice; sovente non usano il linguaggio degli adulti e a volte riescono ad esprimersi solo a gesti, o con l'ausilio di oggetti o giocattoli); cio' spiega perche' sia assolutamente necessaria la documentazione dell'atto istruttorio attraverso la videoregistrazione con telecamere nascoste, sola modalita' che permette di poter apprezzare, in sede di valutazione della prova, qualsiasi sfumatura, non solo del linguaggio, ma anche dell'atteggiamento complessivo del bambino (es. la particolare postura sulla sedia, o il ritmico movimento delle mani e dei piedi); tale modalita' inoltre, se attuata all'interno di una struttura specializzata (in modo tale che siano presenti-insieme di giocattoli, solo il giudice e lo psicologo, mentre tutte le altre parti processuali assistono alla prova al di la' di un vetro-specchio unidirezionale), consente al minore di esprimersi in tutta liberta' e allo stesso tempo tutela la sua riservatezza e la sua dignita'. Va inoltre considerato che la qualita' di persona minore di eta' del testimone parte offesa lo rende particolarmente vulnerabile e lo induce a cercare di "rimuovere" psicologicamente l'accaduto molto piu' di quanto, nelle stesse condizioni, non farebbe un adulto; le recenti modifiche normative sono state appunto varate proprio per tutelare non solo la dignita', il pudore e la personalita' del teste parte offesa minorenne, ma anche la genuinita' della prova: infatti, attraverso il meccanismo processuale dell'incidente probatorio svincolato da situazioni oggettive di irripetibilita' della prova, e' stata introdotta, come regola generale, la possibilita' di assumere queste particolari testimonianze nella prima fase del procedimento penale e quindi nell'immediatezza del fatto, ossia prima che il minore abbia potuto attuare il naturale processo di "rimozione psicologica"; inoltre, il particolare strumento dell'incidente probatorio consente di assumere queste prove una sola volta, garantendo cioe' all'atto istruttorio esperito dal giudice per le indagini preliminari l'efficacia di prova piena anche nella successiva fase del processo (e cio' anche al fine di consentire alla vittima di non tornare continuamente a "rivivere" il proprio passato doloroso, con conseguente continua rinnovazione del danno). In sostanza, soltanto per le testimonianze di persone minori di anni sedici, rese in procedimenti per reati sessuali o a sfondo sessuale; siccome i minori sono quasi sempre le vittime dei reati in parola e siccome la loro personalita' e la genuinita' della prova potrebbero essere danneggiate se la deposizione con efficacia di prova piena venisse assunta solo in dibattimento (ossia a notevole distanza di tempo dal fatto di reato ed in pubblica udienza), il legislatore ha consentito che il giudice per le indagini preliminari, su istanza di parte, una volta valutate le circostanze del caso di specie, possa scegliere di adottare il modulo processuale opposto a quello ordinario, ancorche' non sussista alcun pericolo concreto che la testimonianza non possa essere ripetuta in dibattimento. Evidentemente il legislatore ha ritenuto che, allo scopo di proteggere la personalita' del teste parte offesa minorenne e la genuinita' della sua testimonianza, ben si possa derogare al principio generale, cardine dell'attuale processo penale, secondo cui la prova si forma solo a dibattimento e non hanno alcun valore di prova le dichiarazioni rese dal teste nella precedente fase delle indagini preliminari. A parere del giudice nessuna seria considerazione logica spiega il motivo per cui queste fondamentali innovazioni processuali siano state dal legislatore introdotte solo in relazione ai procedimenti penali per i reati di cui agli artt. 600-bis, 600-ter, 600-quinquies, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies del codice penale, anziche' in ordine a qualsivoglia delitto nel quale sia parte offesa una persona minore di eta': va infatti considerato che molti dei delitti esclusi dal campo di applicazione della norma ben possono, in concreto, rivelarsi piu' gravi per la vittima rispetto ad uno qualsiasi dei reati sopra indicati (per esempio, puo' risultare piu' grave, sotto il profilo del danno psicologico per la vittima, il reato per cui si procede, secondo l'accusa commesso ripetutamente da un'insegnante di scuola materna su bambini dell'eta' di cinque anni, rispetto a quello consistente in un semplice e fugace "toccamento" di una ragazza gia' quindicenne); occorre quindi consentire l'astratta possibilita' di adottare il nuovo modulo processuale per qualsivoglia delitto ai danni di persone offese minori, lasciando poi al giudice di merito decidere di volta in volta se farvi o meno ricorso, valutando le circostanze concrete del caso di specie (cio' che si realizzerebbe, appunto, con una sentenza "additiva" della Corte costituzionale, considerato che, anche in riferimento ai delitti sopra indicati, gli artt. 392, comma 1-bis e 398, comma 5 bis c.p.p. consentono, ma non impongono, di adottare lo strumento dell'incidente probatorio con speciali modalita' di assunzione e documentazione della prova). Si ritiene inoltre che le norme in questione contrastino con l'art. 2 Costituzione, che tutela i diritti inviolabili dell'uomo: in base a tale principio il processo penale deve essere governato da regole in grado di tutelare la personalita' degli individui, siano essi imputati o testimoni, e deve quindi svolgersi in modo tale da garantire che siano il piu' possibile salvaguardate la dignita', il pudore e la riservatezza di costoro; cio' invece non avviene, come sopra si e' anticipato, nel momento in cui il testimone minorenne, non potendo essere esperito l'incidente probatorio con modalita' protette, viene esposto alla pubblicita' del dibattimento, essendo quindi esaminato (sebbene, eventualmente, con l'ausilio di un esperto di psicologia infantile) alla presenza di piu' persone: l'art. 498, comma 4-ter c.p.p. consente infatti di esperire l'esame del minore vittima del reato mediante l'uso di vetro specchio unitamente ad impianto citofonico solo nel caso in cui si proceda per uno dei delitti sessuali o a sfondo sessuale. Inoltre, l'impossibilita' di escutere la parte offesa minorenne mediante incidente probatorio (ossia a breve distanza di tempo dai fatti ed una sola volta, ancorche' nel pieno rispetto del diritto di difesa dell'indagato e del principio del contraddittorio processuale), impone a quest'ultima l'inutile sacrificio di ripetere di nuovo il proprio racconto (con verosimile rinnovo della situazione di tensione o imbarazzo), per di piu' in un momento in cui, generalmente, e' gia' in atto o si e' addirittura gia' concluso il naturale processo di rimozione psicologica del danno; situazione questa che ovviamente contrasta con il principio del rispetto e della tutela della personalita' dell'individuo. Si ritiene infine che nella valutazione ed interpretazione delle norme processuali in esame non possa non tenersi conto della decisione CE del 15 marzo 2001 n. 220, "Posizione della vittima nel procedimento penale" (in Gazzetta Ufficiale CE n. L 82 del 22 marzo 2001), che contiene una serie di principi generali in materia, ai quali tutti gli stati membri della comunita' si devono conformare adottando le opportune disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie a dare attuazione alla normativa comunitaria. In tale decisione si legge, all'art. 2, comma primo: "Ciascuno Stato membro prevede nel proprio sistema giudiziario penale un ruolo effettivo e appropriato delle vittime. Ciascuno Stato membro si adoperera' affinche' alla vittima sia garantito un trattamento debitamente rispettoso della sua dignita' personale durante il procedimento e ne riconosce i diritti e gli interessi giuridicamente protetti con particolare riferimento al procedimento penale". Al secondo comma dello stesso art. 2 compare poi una disposizione piu' specifica: "Ciascuno Stato membro assicura che le vittime particolarmente vulnerabili beneficino di un trattamento specifico che risponda in modo ottimale alla loro situazione". Questa norma ben si attaglia al caso in cui la parte offesa sia persona minore d'eta', la quale certamente rientra nel concetto "vittima particolarmente vulnerabile"; la necessita' di un trattamento processuale specifico che tuteli questi soggetti non puo' quindi che consistere nell'esigenza di apprestare particolari modalita' di assunzione della prova testimoniale che proteggano il teste minore e, quindi, vulnerabile. Si noti che il "trattamento processuale specifico" prescinde, secondo la decisione europea, dal titolo di reato per cui si procede. Nella predetta decisione CE compare inoltre un'altra disposizione che certamente interessa il caso di specie: l'art. 3, in tema di "audizione e produzione di prove", dopo aver sancito il principio generale secondo cui "Ciascuno Stato membro garantisce la possibilita' per la vittima di essere sentita durante il procedimento e di fornire elementi di prova", dispone, al comma secondo, che "Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinche' le Autorita' competenti interroghino la vittima soltanto per quanto e' necessario al procedimento penale": da tale norma puo' essere desunto il logico corollario secondo cui si devono tendenzialmente evitare successive ripetizioni dell'esame testimoniale della parte offesa (appunto per le conseguenze di ordine psicologico che possono prodursi sulla vittima), le quali non siano strettamente necessarie all'accertamento del reato: calato tale principio generale nella realta' del nostro processo penale, cio' significa che, quantomeno nel caso in cui le vittime siano minori di eta' e, quindi, soggetti particolarmente "vulnerabili", deve essere ribaltata la prospettiva generale secondo cui la prova si forma solo a dibattimento e non hanno alcun valore le dichiarazioni rese precedentemente dal teste, dovendosi viceversa ricorrere, come regola, all'istituto dell'incidente probatorio: solo quest'ultimo consente infatti al minore, che non di rado e' gia' stato sentito in prima battuta dalla polizia giudiziaria o dal p.m., di ripetere la propria deposizione di fronte al giudice una sola volta per tutte, con efficacia di prova piena in tutti i successivi gradi di giudizio e, oltretutto, in condizioni di completa serenita' difficilmente attuabili altrimenti. Quanto a quest'ultimo profilo, deve essere infine ricordata un'altra disposizione della citata decisione europea: l'art. 8 ultimo comma, in materia di protezione della vittima, sancisce che "ove sia necessario proteggere le vittime, in particolare le piu' vulnerabili, dalle conseguenze della loro deposizione in udienza pubblica, ciascuno Stato membro garantisce alla vittima la facolta', in base a una decisione del giudice, di rendere testimonianza in condizioni che consentano di conseguire tale obiettivo e che siano compatibili con i principi fondamentali del proprio ordinamento". Da tale norma si desume il principio secondo cui il giudice deve sempre avere la possibilita' di escludere il ricorso all'udienza pubblica se ritiene che la stessa possa avere conseguenze negative sul teste parte offesa particolarmente vulnerabile, cosa che invece non si verifica nel nostro ordinamento, se non in misura limitata, potendo il giudice per le indagini preliminari disporre l'incidente probatorio solo entro i limiti sopra indicati. Va ora evidenziato che, pur potendosi prospettare, per i motivi sopra esposti, un contrasto tra il nostro ordinamento positivo (agli artt. 392 comma 1-bis e 398, comma 5-bis c.p.p.) ed i principi generali sanciti dalla citata decisione europea in materia di trattamento della vittima nel procedimento penale, questo giudice non puo' direttamente disapplicare la normativa interna ritenuta confliggente con quella comunitaria (operazione che, in concreto, si tradurrebbe nella possibilita' di disporre l'incidente probatorio con modalita' protette, in quanto, sebbene il caso di specie non rientri tra quelli previsti dagli artt. 392 comma 1-bis e 398, comma 5-bis c.p.p., tale modulo processuale sarebbe imposto dalla necessita' di dare immediata applicazione ai principi contenuti nella decisione comunitaria). E' noto infatti, in quanto ribadito dal costante mdirizzo giurisprudenziale sia della Corte di giustizia della comunita' Europea sia della Corte costituzionale italiana, che in caso di contrasto tra la normativa interna e quella comunitaria il giudice dello stato membro puo' dare immediata applicazione alle norme europee (con conseguente disapplicazione della normativa interna confliggente), sempre pero' che la normativa comunitaria abbia "effetto diretto", cioe' sia sufficientemente chiara e precisa e, soprattutto, idonea a creare diritti ed obblighi in capo ai singoli senza la necessita' che lo Stato membro adotti alcuna procedura formale di adeguamento dell'ordinamento interno a quello europeo, con la conseguenza che il singolo puo' far valere direttamente di fronte al giudice nazionale la posizione giuridica soggettiva vantata in forza della norma comunitaria. Orbene, la decisione europea n. 220/01 sopra citato e' un atto normativo sicuramente privo di questa caratteristica, in quanto e' una "decisione-quadro , la quale, per espressa previsione dell'art. 34, comma secondo, lett, b) del TUE, non ha mai efficacia diretta. E' evidente inoltre che prima della scadenza del termine concesso a tutti gli stati membri per l'adozione delle norme (legislative, regolamentari o amministrative) necessarie a consentire la concreta applicazione della decisione-quadro in parola (termine che nella decisione stessa e' fissato al 22 marzo 2002 in riferimento alle norme comunitarie che qui interessano, vedi sub art. 17), ben difficilmente si puo' porre il problema (sindacabile di fronte alla Corte di giustizia CE) di mancato adeguamento del diritto interno a quello comunitario. E' comunque altrettanto vero che l'impossibilita' di dare immediata applicazione alla normativa comunitaria (attraverso la disapplicazione del diritto interno ed il contestuale accoglimento della richiesta del p.m.) costituisce una delle ragioni della rilevanza nel caso di specie della questione di legittimita' costituzionale (questione che, appunto, non avrebbe ragione di porsi se si potesse fare immediata applicazione dei principi generali introdotti dalla normativa comunitaria in tema di protezione della vittima nel processo penale). Gli ulteriori elementi che connotano il requisito della rilevanza della questione di costituzionalita' sono i seguenti: come e' noto, l'incidente probatorio, in quanto strumento di anticipata formazione della prova rispetto al dibattimento, e' un meccanismo processuale del tutto eccezionale, che non puo' essere applicato oltre i casi espressamente previsti dalla legge; orbene, non c'e' alcun dubbio che i reati per cui si procede (articoli 571, 582, 585, 576 codice penale) non rientrino tra quelli indicati nell'art. 392, comma 1-bis c.p.p., ne' che sussistano nel caso di specie le particolari condizioni di irripetibilita' della prova previste dall'art. 392, comma primo, lett. a) e b) c.p.p., come del resto puntualmente sostenuto dai difensori dell'indagata, che all'incidente probatorio si sono espressamente opposti. Pur tuttavia ritiene questo giudice che l'incidente probatorio con modalita' protette sarebbe estremamente opportuno nel caso concreto; va infatti considerata la particolare delicatezza del procedimento penale in esame, che deriva non solo da quanto gia' detto in punto di vulnerabilita' dei numerosi testimoni e parti offese minorenni, ma anche dalla gravita' del reato in contestazione: secondo l'accusa l'insegnante avrebbe maltrattato diversi bambini, provocando loro dei traumi di ordine psicologico consistenti in improvvisi cambiamenti del comportamento, fenomeni di agiazione del sonno, rifiuto di voler tornare all'asilo, etc...; inoltre, a causa del fatto che il reato ha indfrettamente investito anche le famiglie delle numerose parti offese, nell'impossibilita' di esperire l'incidente probatorio sussiste il concreto pericolo di perdere irrimediabilmente la genuiita' della testimonianza dei bambini, i quali potrebbero essere portati, anche inconsapevolmente, ad amplificare o modificare i fatti realmente accaduti, a seguito di colloquio tra loro, ma, soprattutto, a seguito di colloquio con i loro genitori: questi ultimi si sono infatti "coalizzati" contro l'indagata, prima attraverso una lettera inviata alla direttrice didattica in cui si lamentavano vivamente del comportamento manesco ed intimidatorio dell'insegnante Pupino Maria e, successivamente, in una riunione indetta dalla direttrice, nella quale, alla presenza delle altre insegnanti e dell'indagata stessa, hanno rinnovato la loro sfiducia nei confronti di quest'ultima. Nel caso di specie quindi, considerato che la Pupino in un'accorata lettera (inviata alla direttrice, al provveditore agli studi e all'Ufficio minori della Questura di Firenze) si proclama del tutto innocente, e' indubbio interesse anche dell'indagata che l'esame testimoniale dei bambini si svolga mediante incidente probatorio, essendo quest'ultimo lo strumento processuale che consente di garantire meglio la genuinita' della prova. Sotto il profilo della rilevanza della questione di costituzionalita' si fa ulteriormente notare che essendo il fascicolo processuale attualmente composto da una nutrita serie di s.i.t. rese dai genitori delle piccole parti offese, le quali ultime pero' non sono ancora state sentite dalla polizia giudiziaria o dal p.m., ne consegue che, in caso di rigetto dell'istanza di incidente probatorio e successiva richiesta di rinvio a giudizio, questo giudice dovra' necessariamente procedere all'esame diretto dei bambini nel corso dell'udienza preliminare, non potendo qualsivoglia decisione (sia quella relativa alla scelta tra rinvio a giudizio o proscioglimento, sia, a maggior ragione, la decisone di merito in ordine a un eventuale giudizio abbreviato) prescindere dall'esame diretto delle piccole parti offese esperito dal giudice procedente (esame che sara' quindi disposto ex art. 422 cpp, ovvero ex art. 441, comma quinto c.p.p.); l'inevitabilita' dell'assunzione della prova testimoniale dei bambini gia' nella fase dell'udienza preliminare porta a concludere che, in base a un principio di economia processuale, l'assunzione medesima debba avvenire con le modalita' particolari e con l'efficacia probatoria piena previste dalla legge per l'incidente probatorio;